A parte gli scherzi, il compito per ieri era quello di scrivere qualcosa in terza persona dove il personaggio "vuole veramente qualcosa" seguendo uno schema spiegato nelle volte precedenti...
Il mio manco a dirlo era il grafico più triste! La storia parte male e finisce sempre peggio..all'infinito!!
Direi che non mi smentisco!
Mi han detto che sono riuscita a far un buon lavoro e che ho un potere di sintesi tale da far capire con poco il tanto!! La mia pillolina di complimento me la son presa ed è entrata in circolo al volo!
Ps: Sentir associare il "con poche parole" al mio nome mi ha fatto provare un brivido di stupore considerando che io sono tutto tranne che sintetica! Sono pallosa e logorroica semmai...ma anche per me c'è speranza e sto migliorando amici! L'imposizione di una sola pagina mi sta facendo bene!!
Che peccato!! Era un uomo!
di Tesini Lisa
Voleva solo un avversario!
Uno di quelli con cui vale la pena lottare
fino all'ultimo, con cui morire con dignità se necessario, con cui guardarsi
fissi negli occhi esprimendo un odio fondato.
Terence non trovava pane per i suoi denti.
Conobbe la gente più disparata ma nessuno
era in grado di stimolare la rimbombante voglia di vendetta contro l'uomo.
Ce l'aveva con le moltitudini d'immagini
che non raffiguravano il suo volto.
Voleva riscattare l'impulso d’essere coscientemente
diverso.
Testa calda fin da ragazzo, scontroso e
perennemente abbandonato nell’insolenza.
Divenne l'amico indispensabile di sé, il
tavolo su cui complottare piani dettagliati e lo scudo per l'ipotetico
antagonista.
A Londra ci andò con la speranza
d'incontrare delle strambe ragioni umane irrisolte, qualcuno da seguire nel
vicolo, qualche disperato a passeggio con miseria e libertà.
Voleva ricompensare l'errore primitivo con
l'addio forzato di una vittima.
Il sacrificio di un solo individuo sarebbe
stato l'esempio concreto di un nuovo indirizzamento di massa.
L'assurdità delle blande giornate
rappresentavano un machete che picchiettava sul cervello ormai stanco e sugli
occhi appesantiti dalla ricerca insana.
Incontrava i fenomeni atteggiarsi, le
frasi famose ripetersi, le insegne tirate a festa, i dubbi mascherati da
certezze e le scritte mai taciute.
Era tutto talmente finto e voglioso di
vita estrema che non avrebbe avuto un senso sbarazzarsene: il contorno
affievolisce senza l'imposizione altrui.
Lui cercava autenticità e basi solide.
Terence, ogni sera, si rifugiava nella
spoglia stanza in affitto, mangiava per far contente le raccomandazioni della
mamma lontana, beveva un caffè senza piattino e cucchiaino e sedeva nel
terrazzo che dava sulla strada dei locali strillanti.
Odiava quel baccano e si chiedeva perché
mai le case non vengono mostrare ai futuri inquilini sia col sole che col buio.
Le prospettive cambiano, la rabbia o il
sollazzo pure.
Non poteva più resistere in balìa del
mondo avverso. Era arrivato il momento di agire davvero.
Ingoiato dal ricordo estrasse (dalla 24
ore più scadente sul mercato) il contratto portante il nome "Terence
Hill" e con un'occhiata confermò la veridicità della sua firma.
Aveva commesso gli sbagli peggiori :
giudicare chi al suo appello non aveva un nome, cercare ovunque l'impossibile,
predicare l'errore cercando di tacere l'inadeguatezza, diventare agente
immobiliare e suo stesso cliente.
La perfezione di un lavoro nato dalla
ricerca dell’imposizione del bello divenne l'agonia e lo scontro continuo con
il prossimo.
La sua inutile passione lo portò ad
individuare in lui l'unico giudizio che valesse la pena condannare.
Tra le pentole antiaderenti e le
scatolette di fagioli si accorse che non era altro che un "uomo".
Quel soggetto non ben definito che voleva
eliminare e quel alter ego che vagava sottomesso dal perimetro terrestre e
dall'area degli sguardi dormiva nel suo stesso letto da 37 anni.
Imbarazzato dalla scoperta della
convinzione di non essere l'eroe dei mondi, si sentì un Borderline
sconsolato senza una stretta dalla stessa mano.
Fece ritorno a Torino, la sua città
natale, dove un pranzo di benvenuto lo avrebbe accolto ad alette di sugo
aperte, dove il parentado avrebbe sbavato sull’avventura inventata, dove il
cane l'avrebbe snobbato per le scarse attenzioni negli ultimi mesi, dove
l'agenzia gli avrebbe rammentato l'ordine e i sorrisi finti da adoperare con le
pecore tra i lupi.
Era una vita commiserevole, senza lotta,
fatta di stimoli comuni, banali e con i medesimi rituali.
L'avversario migliore portava il nome
della sconfitta.
Avrebbe dovuto non affliggersi per
l’incompiuto dei suoi fini, avrebbe dovuto capire le sfumature e non fermarsi
ai corpi venduti in blocchi da 2, avrebbe dovuto scavare perché un sogno va
coltivato.
Scavi, semini, coltivi e vedi crescere.
Perdersi e rinunciare ad uno status di
felicità partecipata fu una Colt calibro 45 alla tempia.
Era l'omonimo del famoso Terence Hill e
non lo chiamavano Trinità.
Non era lui il migliore del West.
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Ieri sera Marco ci ha letto un pezzo davvero carino di Carver "I vicini". Consiglio vivamente per la perfetta stesura.
Lezione incentrata sul conflitto, sul fatto che questo elemento c'è sempre tra le righe di ciò che leggiamo perchè è il condimento che fa storia e che danneggia gli equilibri.
Abbiamo percepito il valore che può avere la suspance mescolta al rapporto che un lettore può avere con qualcuno che sta compiendo un gesto "che non si fà", un'azione per la quale non si deve esser scoperti ecc...
Si fa il tifo per chi ci risveglia un'emozione, per chi ci porta nella paura di esser beccati con le mani nella marmellata!
Il mistero e il segreto.
Ecco che per la prossima volta dobbiamo scrivere qualcosa sui segreti svelati o non svelati.
Meravigliaaaaaaaa!
Non ci ho mai pensato...! vediamo bene cosa ne esce!
Baciuz
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