martedì 29 gennaio 2013

Scrittura Creativa Numero 11

Usare una parola e sviscerarla nel modo che più ci piace.
 
Ho ripreso una poesia scritta da me tempo fa, una di quelle che mi rappresentano, che uso come descrizione di ciò che sono. Ci ho giocato un pò, allungando un concetto incentrato sul mio provare ad essere chi realmente sono.
Vivo nei versi.
C'è pace e delirio.
Come dentro me.


POETI.

 
I poeti sanno cos'è la dannazione, la maledizione che viene da una parola, la fattezza della verità che lacera sottovoce.
I poeti abbracciano un capriccio, scappano dal regnante riproponendo diverse dimensioni: una da interpretare con la sola mente, una da provare a vivere.
I poeti rischiano, sono frutti maturi dall'aspetto acerbo.
Non si è poeti se non si sa aspettare, se non si invade il sistema, se non si sa accarezzare,
se non si sa addolcire le ferite fatte poco prima, provocate da soli ,tra il mondo sporco,
nella spazzatura di altre biografie che si scrivono pensando di non esser viste.
I poeti fanno della ragione una diceria, infastidiscono, innamorano senza limite,
esagerano in fuggevoli lampi di logica.
Evocatori di sentimenti, produttori di fraintendimenti, vincitori dell’elogio mondiale all’ambiguità.
Provate a comprenderli, vi arrangerete con immagini e parole ma l’altrui bocca non scoprirete com’è stata sfamata e gli altrui occhi non saranno visti veramente.
Posati nella parte dimenticata di un attimo che non rivivranno, devoti alla rimembranza tra l’indifferenza di chi non ha potuto distinguere e l’attenzione di chi vuol gustare una vita che non gli appartiene.
Hanno a disposizione un cielo come un infinito desiderio, una terra come collocazione, un vento come via di fuga.
Li esaminerete intrisi di dolorosa nostalgia, in fotogrammi di fantasia, in un disordine non rappresentato da tappeti e letti disfati: sarà puramente “collocazione errata della sensibilità”.
Amore e sincerità sulla strada a ritroso del percorso da scoprire. Scavalcherete vittime sacrificali, scene fugaci, lucidità appena abbozzate.
Per poco si è poeti. Per l’attimo necessario ad ampliare una sosta costretta.
Per il solo tempo in cui le dita si sporcan di blu.

Scrittura Creativa Numero 10

TEMA: Pensiero all'unisono.


GIOCANASH.

Ti chiami Giocanash. Giocanash Madei. Chissà qual è il significato di questo buffo nome nella tua lingua e perché l’hanno scelto per te. L’abbiamo sempre associato all’allegria dei bambini, alla corsa di un girotondo, alla voglia di essere innocentemente spensierati nonostante tutto. Sei nata in un villaggio della Nigeria, 30 anni fa, dove la terra è come ora la si vede in TV, del colore della nocciola, della paglia o della lava,  con animali con grosse bocche e ci chiedevamo se non avessi avuto paura almeno una volta. Eri esile in un viso sforzato ma ridente appeso allo sfondo della lavagna, capelli come un cespuglio, occhi bellissimi e una collana col piccolo elefantino color avorio. Il primo giorno, finché la professoressa spiegava la tua travagliata storia lo stringevi tra i polpastrelli e sentivi di potercela fare. Eravamo una classe di scapestrati, figli viziati, figli ricchi della parola “nulla” riuniti, per sconfitta genitoriale, in una scuola pubblica senza pretese. Libri, quaderni, matite e penne fecero da cornice ad un mondo non noto. Quasi toccante il tuo arrivo, come una curiosità antica che avvicina e unisce. Guardavamo ammirati la differenza brillante dei tuoi abiti rispetto ai nostri. In silenzio ascoltavamo il raccontare graduale di te che, in una voce spaventata cercava consensi. Nel marzo dell’ 81 ti insegnammo a scrivere “Buon Compleanno” in inglese, per tua madre. Sembrava una stravaganza elementare tra le lezioni di matematica e grafica!! Tornavamo caparbiamente nel passato per la ricerca di volti complici ed educazioni primordiali. Eri parte di noi. Eri nella squadra. Distante da lunghi fiumi e case di terra ci proponevi sicurezza, la stessa che a noi per assurdo mancava. Le parole erano gocce, parsimoniose come i segreti, custodite nella consapevolezza precoce della povertà, della fatica e dell’orrore della miseria. Comprammo per gli interi 5 anni vissuti assieme dei DVD sul tuo Paese, li guardavamo attenti nelle ore di geografia, per omaggiarti, per vederti commossa nel bagliore del sole d’Africa, per noi, per viaggiare in distese rigogliose di illusioni e ninnananne a cielo aperto. Arrivò sincera quella mattina dove ci raccontasti della pace della savana dove raccoglievi l’acqua al piccolo laghetto dei leoni, dove ogni estate arrivavano le giraffe, dove avevi conosciuto un amico. Ci insegnasti che la paura scompare quando dimentichi di fuggire, quando provi ad appartenere ad una natura differente da te, quando incontri la fiducia. Siamo tutti d’accordo nell’affermare che non ritrovammo mai più una conversazione tanto affascinante. Lo chiamasti Mugambi, un elefante albino nato davanti all’incredulità del tuo sguardo, tra la furia del dolore e l’incredibile dono dell’unicità. Corsi da tuo padre, lo stesso che nelle storie tramandate parlava di zebre più bianche che nere, di nuvole più bianche che calme , di uccelli più bianchi che liberi  e nell’ innocenza chiedevi: “Ma nemmeno un elefante bianco, papà?” Ti ripeteva che era una rarità, un animale simbolo di potere e prosperità.  Imparasti a credere nelle speranze inventate che nessuno annienta perché sono sogni del cuore. Ti feci doverosamente grata agli estremi nei quali l’uomo non smette di confidare. Un portafortuna donato dalle stelle ad una bambina privata di molto.

10 anni dopo, siamo in un ristorante a rivangare innamoramenti, scherzi, confidenze adolescenziali ed animali straordinari. C’è una sedia vuota e la certezza di te felice, lontana, mescolata alle suggestive fatalità che il destino riserva  ad ognuno di noi.

Scrittura Creativa Numero 9

TEMA-Qualcosa di grottesco con un pizzico di Hemingway-



EMISSIONE SONORA.

Il campeggio è da sfigati. Diciamoci la verità, i comfort dell’hotel sono per gente d’elite: vieni accolto col soft drink, mentre qui si inizia con uno spiazzo di terra fradicia che sembra dirti: “Sei pronto? E’ da 5 notti che piove! Sei nella MELMA!” . Ti avvilisci, pensi ad una stanza con il letto rassettato come la giusta paga dopo il duro impegno sui libri, fantastichi un venticello artificiale manco fosse uno spaghetto alla carbonara in un giorno di dieta, preghi per la non invasione degli insetti: credetemi, oltre al fattaccio della Bibbia ce ne sono stati altri. Supplichi che la pelle non si ritrovi, oltre che sudaticcia dall’afa, tempestata di punture di zanzare pronte a regalarti l’aspetto  di una pizza al salamino. Mamma sostiene che l’aria aperta ci fa bene e penso al parco sotto casa nostra, tanto comodo e ombreggiante. Mio fratello è bravissimo ad evitare gli altri, alienato in un mondo parallelo ha come amici i personaggi dei libri: non l’ho mai trovato d’aiuto nei miei piani di sabotaggio “vacanze in pineta”. Mi chiedo se vedrò mai un villaggio all-inclusive dove la parola chiave è “farsi servire”. Conoscerei qualche coetaneo e potrei fingere di abitare, che ne so, a Milano o Roma. Qui erano tutti presenti alla mia prima comunione. Dicevo, mio padre dorme, dorme un sacco, come gli orsi in letargo. “Bea, le ferie sono fatte per riposare” dice tra uno sbadiglio e un’alzata di braccio che fa intravedere le caloriche cene dalla nonna. Dorme, lui. Come dargli torto. Riesce a farlo. Uno in famiglia è sufficiente probabilmente. Soffre di roncopatia. Vi starete chiedendo cos’è. Mi sono documentata nel giorno in cui ho urlato all’universo: “Adesso basta!”. C’è che russa tremendamente forte. Sommate un razzo in partenza dalla Base NATO ad un clacson di un tir americano, mescolateli con una vecchia locomotiva a vapore e ad un comizio di femministe e riuscirete ad avere appena il 30% percettivo del rumore che è in grado di produrre. Mi vergogno. A casa non molto, là, più che altro, alterno tenerezza ad incazzatura perché fondamentalmente lui sta facendo molto per me ma è scientificamente impossibile che esista davvero un essere umano in grado di trapassare i muri con la sola e pura potenza della bocca. In campeggio, in mezzo alla gente, mi chiamo fuori da ogni alterazione della ventilazione nasale che derivi da chi porta il mio cognome. Tutti mi ripetono che ho il viso di mia madre. La rassegnazione di questa povera donna iniziò alla fine degli anni 90, l’intensità dei decibel divenne una forma di sfida tra lei e mio padre, “raggiungere l’impossibile”, un record da condividere con le amiche dopo la messa della domenica. Il primo premio è di rito. “Russel”, detto Roberto all’anagrafe, non ammette che la sua è una malattia: di questo si tratta. Non si interessa a cerotti e pozioni magiche di farmacia. Respirare è basilare, serve rifornire ossigeno all’organismo ma qui si tratta di privare almeno 10 persone della loro porzione notturna per abusarne. Mi sembra di vederle le tende risucchiate e tremolanti, un vortice che spazza tutto, uno scarico da lavandino: nell’ingorgo c’è la Signora Maselli da Bologna e il figlioletto del Conti incastrato col pallone. Un incubo: se solo riuscissi a chiudere occhio!  Sono le 2 del mattino, eccolo di nuovo, dovreste sentirlo, il Do maggiore della comitiva d’agosto, l’unico Pavarotti senza Friends! Fuma e il vizio incrementa l’ingrossamento della tonsilla linguale, ha 56 anni e il fisico da nuotatore l’ha lasciato ai primi corsi coi braccioli e tavoletta. Le apnee mi fanno sorridere, ironizzano l’irritabilità. Non sai cosa ti aspetta. Se il trombone va in calando mi rilasso, oserei dire, ma se parliamo del crescendo, vi assicuro che il concerto a Vienna del primo gennaio sembra una canzoncina suonata col flauto. Boccheggiamenti  a mò di oboe, fischi irritanti, un po’ di tutto insomma. Giò è sul tronco tagliato, quello da 134 anni, sta leggendo un testo dove si parla del mare: dice che è in tema con la settimana!  Mi fa un cenno e mi dice che scende alla piadineria… La mamma è in tenuta antisommossa: cuffie per le orecchie, cuscini ripara onde sonore, avvolta come una mummia nelle lenzuola. Sembra pacifica. Ammirevole.

“Ehi ma cos’è questa confusione!” dissi un po’ scossa e intontita. La luce mi era penetrata tra le palpebre mentre la vecchia ringhiava come se le avessero preso un osso dalla cuccia. Poi si rilassò e pianse.

“Bea, meno male che hai preso sonno in macchina!! E’ successa una coooosa! C’è solo da ringraziare papà. Alle 5 meno un quarto dei loschi individui hanno cercato di entrare nella tenda della Signorina Ines, il cagnolino era stato avvelenato e non avrebbe potuto avvisarla di quel che stava accadendo ma A D  U N  C EE R T O  P U N T O  il mio caro Russel ha avuto un’assenza di ventilazione più prolungata del solito e quando ha lasciato uscire l’aria ha fatto la fine del palloncino svuotato!! E’ rotolato nella tenda fino a farla rovesciare, una slavina inaspettata: ci siamo trovati davanti al tappetino d’erba di Ines a gambe in sù.  Che ridere!  In quel momento i ladri sono fuggiti dallo spavento. Gli ho visti benissimo: terrorizzati!”

“E’ una patologia seria la roncopatia, sono curiosa di sentire il dottore appena arrivati a casa. Sembra il caso delle oche al Campidoglio: che imbarazzo!” brontolai squillante.

“Ehi papà, senti qua, uno dei personaggi è un vecchio che vive al mare per l’intera esistenza e dice che l’aria qui fa bene. Cito: “tra l’ondeggiare delle onde e il sale scompare la resistenza nasale”.

“Chi è che ha scritto queste baggianate?”

“Hemingway papà”

“Dì al signorino che tra spiagge e conchiglie non è che si respiri aria migliore: si è solo più rilassati! Guarda me!  Non avrei fatto quel che ho fatto se non fossi stremato dalla sveglia alle 5 di mattina per andare a mungere le vacche 360 giorni all’anno. Relax: io me lo godo fino infondo! Gli sarebbe restato un lettore dalla campagna sulla coscienza. Che razza di consigli! Butta quel coso e torna dentro che schiacciamo un pisolino: è stata una notte difficile.”

lunedì 28 gennaio 2013

Continuano le belle notizie....


AFTERHOURS CLUB TOUR 2013
VENERDI 12 APRILE 2013 H. 21:30
AUDITORIUM MALKOVICH - LOCALITA' CASELLE SOMMACAMPAGNA (VERONA)

giovedì 17 gennaio 2013

Miseria e nobiltà.

L'arroganza non prenderà la purezza ad un cuore semplice.
La superficialità non appartiene a chi sa cos'è il rispetto.
Amore è un valore, così come guardarsi negli occhi ed essere sinceri.
L'espressione veloce del mondo non regala l'attesa e il godere che ne dovrebbe derivare.
Io sono ferma mentre tu urlandomi in faccia mostri inattitudine alla sincerità.
Perfetti si è nella calma.
La pace ha un valore sublime che va conquistato e ti guardo: privo di corde a cui aggrapparti, solo sopra un burrone.
Godi ora che sei potente perchè è il tuo momento.
Preferisco anni, secoli di me, bella e intoccabile davanti alla miseria altrui.

mercoledì 16 gennaio 2013

mercoledì 9 gennaio 2013

Comunicazione di servizio rivolta a quelli che formalmente si permettono di azzardare il frantumare dei sogni altrui per il semplice fatto che ritengono, con somma autostima personale, siano fatti di particelle di inutilità, perchè fiondarsi a capofitto nella sola e pura realtà regala le uniche soddisfazioni necessarie ad un uomo per respirare...bhè è un pensiero che non appoggerò mai. E MAI è una parola assoluta e stupenda molte volte. Fiera di essere me.

Scrittura Creativa Numero 8

Tema: forma e non contenuto. Immaginare un passato, vivere un presente, abozzare un futuro. Dialogo.


E se ci scoprono?

Se hai paura potevi non accettare.

Si, hai ragione. Mi tremano un po’ le gambe però.

Le hai lette le mosse. Quattro. Semplici. Non possiamo sbagliare.

Vai prima te.

Stai giù.

Settimana scorsa ci avevamo provato e sai com’è andata a finire. Non è cosa da tutti.
 

E’ stata colpa di Daniele. Ora ci siamo solo noi. Ci sono pure più soldi in ballo.

Lui è un codardo. Non si è tenuto il lavoro e nemmeno la donna.

 
Aveva ragione Pamela però: ammettilo!

Non siamo qui a discutere sulla gente. Al bar avrei preso a schiaffi tutti e 2 mercoledì. Passami quel coso.

Un attimo, non lo trovo…Eppure era qui…Ah eccolo!

In ogni caso, se dai contro anche a lei vuol dire che non hai nemmeno ascoltato la storia! Daniele si meritava quel che si è trovato sotto casa!! Accidenti, se ci ripenso: che ridere!!

Mai come tornati dal mare a Luglio! Bhè…vecchi tempi! Vecchie storie!       Tac! Fatto.

Fai attenzione.

Sono affaracci loro, dimmi a cosa serve dare torto a uno o all’altra: pensa ad oggi piuttosto!

Il Sancino diceva che avremmo visto il tizio con la barba.    Ok.     E’ il punto esatto.

E lei? La vedi?

E’ splendida! Sarà nostra!

La voglio toccare! Speriamo ci vada bene! Dimmi quando ti senti pronto! Sei pronto?! Allora?!

Trattieni la gioia. Prima tappati le orecchie.

 

 

 

 

venerdì 4 gennaio 2013

Parli.

E mi parli con i tuoi volti
e non capisco se doni occhi, dolori o fiori.
Mi fai un regalo.
Lo tengo stretto che servirà.
Tra dialoghi di poesie
e canzoni appassionate
scopro l'angolo per me
dove aspetti tu
dove corro io.
Tra i pensieri la conferma
un peso leggero
che trascina sul fondo
e rialza tra il cielo.


mercoledì 2 gennaio 2013

Ti fai desiderare come il Papa.

Post un pò blasfemo per iniziare.
Mi piace condividere con voi una follia scoperta poco fa.
Chiamo in Vaticano perchè per assistere ad una messa in basilica ti dicono "scarica il modulo".
Fatto. Non si capisce altro.
Allora la suora di turno, incazzata perchè tutti chiamano quel numero (indicato sul sito), mi spiega scocciata che una volta compilato come si deve, lo devo mandare alla prefettura, aspettare circa 2 mesi e dopo posso andare a sentire "laparoladelSignore!"
Non so come ho fatto a trattenermi dal commentare in diretta.
Questo è un modo efficace per allontare la gente da una ipotetica figura in cui credere! Bravi!
Non è più semplice, ok far passare la gente dal metal detector, e quando vedi che la chiesa straborda stoppi il resto fuori e bella che finita?!
Sdegno italiano!