C’era un piccolo paesino dipinto su tela antica, sfumato coi colori gialli e marroni dell’autunno.
La pace era ciò che di lui ricordo.
Povera gente che, con il nulla, faticava per raggiungere un nuovo giorno.
Uscivo dalla mia casa fatta di mura spesse per passeggiare tra la calma che tanto rispettavo.
Arrivavo dove non sapevo, scoprivo ciò che si nascondeva agli altrui occhi.
Sedevo sui muretti bassi e dallo zaino facevo uscire fogli e penne mentre dalla mia testa selezionavo farfalle e nuvole.
Osservavo perché amavo ciò che avevo a disposizione.
Toccavo con mano la mia realtà magra e vagabonda.
Stare nel silenzio delle strade era l’aria che mi risvegliava ogni mattino.
Mi sentivo modesta e umile.
Non pretendevo alcuna sfarzosità e mi beavo della bellezza della semplicità.
In quei giorni scrivevo della mia speranza futura.
Sognavo di ritrovarmi, un giorno, esattamente li,dov’ero in quel tempo.
Lontana da costruzioni obbligate, distante dal rumore che assilla, priva dell’addobbo inutile dell’essere umano.
Chiudevo gli occhi e stringevo forte i pugni..E più pensavo e più desideravo.
Io credevo nei miei sogni a misura di bambina.
Spalancavo la vista agli orizzonti vasti e senza fine.
Riuscivo a guardare oltre ogni ostacolo e mi sentivo libera e senza confini.
Toccavo persone senza paura, sfioravo oggetti senza timori, amavo senza pregiudizi, lottavo perché tutto era chiaro.
L’errore non mi ribaltava. Mi sollevava.
Il sentimento mi smuoveva. A lui non si rinunciava.
Quel vento spazzava l’anomalia di chi come me non era.
Solo io in quel quadro su tela soffice.
Tiravo i colori e mi sporcavo le mani.
Giocavo e sceglievo il rosso e l’arancio, il verde e il sole.
L’azzurro era il mio tetto e le nuvole le mura soffici dove appoggiarsi senza sentire freddo.
Mangiavo fragole e coglievo fiori.
Ero sprovvista di costose ricchezze ma avevo l’oro.
Nulla era approssimativo perché ogni movimento era definito e lineare.
Sapevo che sdraiarmi era il mio riposo più meritato.
Conoscevo il mio sonno e la sua immaginazione.
Forse su quel muretto c’era la cornice della mia esistenza.
L’ho accantonata in frammenti ormai dimenticati.
L’ho ritrovata per disegnare,ora, nuova vita cristallina e distaccata.
La pace era ciò che di lui ricordo.
Povera gente che, con il nulla, faticava per raggiungere un nuovo giorno.
Uscivo dalla mia casa fatta di mura spesse per passeggiare tra la calma che tanto rispettavo.
Arrivavo dove non sapevo, scoprivo ciò che si nascondeva agli altrui occhi.
Sedevo sui muretti bassi e dallo zaino facevo uscire fogli e penne mentre dalla mia testa selezionavo farfalle e nuvole.
Osservavo perché amavo ciò che avevo a disposizione.
Toccavo con mano la mia realtà magra e vagabonda.
Stare nel silenzio delle strade era l’aria che mi risvegliava ogni mattino.
Mi sentivo modesta e umile.
Non pretendevo alcuna sfarzosità e mi beavo della bellezza della semplicità.
In quei giorni scrivevo della mia speranza futura.
Sognavo di ritrovarmi, un giorno, esattamente li,dov’ero in quel tempo.
Lontana da costruzioni obbligate, distante dal rumore che assilla, priva dell’addobbo inutile dell’essere umano.
Chiudevo gli occhi e stringevo forte i pugni..E più pensavo e più desideravo.
Io credevo nei miei sogni a misura di bambina.
Spalancavo la vista agli orizzonti vasti e senza fine.
Riuscivo a guardare oltre ogni ostacolo e mi sentivo libera e senza confini.
Toccavo persone senza paura, sfioravo oggetti senza timori, amavo senza pregiudizi, lottavo perché tutto era chiaro.
L’errore non mi ribaltava. Mi sollevava.
Il sentimento mi smuoveva. A lui non si rinunciava.
Quel vento spazzava l’anomalia di chi come me non era.
Solo io in quel quadro su tela soffice.
Tiravo i colori e mi sporcavo le mani.
Giocavo e sceglievo il rosso e l’arancio, il verde e il sole.
L’azzurro era il mio tetto e le nuvole le mura soffici dove appoggiarsi senza sentire freddo.
Mangiavo fragole e coglievo fiori.
Ero sprovvista di costose ricchezze ma avevo l’oro.
Nulla era approssimativo perché ogni movimento era definito e lineare.
Sapevo che sdraiarmi era il mio riposo più meritato.
Conoscevo il mio sonno e la sua immaginazione.
Forse su quel muretto c’era la cornice della mia esistenza.
L’ho accantonata in frammenti ormai dimenticati.
L’ho ritrovata per disegnare,ora, nuova vita cristallina e distaccata.
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