giovedì 12 aprile 2012

Ventunesima Lezione 10-04-12

Una lezioncina all'insegna del noir quella di martedì. Ovviamente, essendo mancata la volta prima, non ho interpretato nel modo corretto la "serialità" richiesta! Pensavo s'intendesse una continuità e ho pensato ad un diario invece era una sorta di episodio come nei telefilm o nelle più classiche soap alla Beautiful! Vabbè ho portato la nostra amica ossessione!

Andiamo!


FUORI LA PENNA!
Il Dottor Bico sapeva ben distinguere il carattere delle persone: oh si che ne era in grado!!!
“Signorina Molly che mi dice della paziente entrata in reparto ieri?”
“Le è stata fatta l’iniezione da Lei richiesta Dottore”
“Bene, aggiungo un paio di ics alla cartella…Scusi, ha una penna?”
“Certo Dottore!”
Ecco, un semplice tubo di plastica perforato che non sa né di carne né di pesce, al primo tratto nessun segno: non prende appunti eppure è laureanda dunque il suo lavoro non sarà passione ma voglia di uno sfizio a fine mese. Non va bene! Superficiale!
Il Dottor Bico credeva fortemente che una penna corrispondesse ad una persona. Effettivamente chi non ne ha una? Il modo in cui la si usa, ci si prende cura di lei, la si dimentica … ogni gesto parla di noi.
La moglie conosceva il desiderio nascosto del marito ma puntualmente glielo rammentava: era quello di non aver vissuto negli anni 40 e aver avuto per primo la genialata del pallone che, uscendo dalla pozzanghera, crea una scia. La biro era polemica all’ora di cena o all’ora della lista della spesa del venerdì. Una mano sul cuore e una sulla sopportazione e avanti. Tutti hanno dei difetti.
Al mattino, Bico con giacca con taschino bene in vista e punta scintillante appena sporgente, entrava al bar, toglieva dal portafogli una banconota da cinque stropicciata e ordinava il caffè. Non sedeva mai per il timore della cameriera con annessa ordinazione su carta. Una penna a righe gialle e nere con tappo blu morsicato gli avrebbe rovinato la giornata ancor prima di entrare al lavoro.
L’ospedale era un ambiente degno delle migliori stilografiche sul mercato.  Lì ce ne sono di primari e persone di un certo grado e una buona firma è un buon biglietto da visita con i pazienti. La sicurezza è la lucidità senza aloni, la serietà il color cromato alternato al tono scuro, la prontezza mista all’umanità è un tratto appena obliquo ma scorrevole.
Al pomeriggio era spesso libero e la figlia sfruttava l’intelligenza del padre per temi e formule matematiche.
Lui amava Anita ma c’era da lavorare se si voleva parlare di “riconoscersi in un oggetto”: era una cosa importante!!
“Devi capire la penna che fa per te! Ce ne sono 40 sul tavolo e in continuazione ne impugni una diversa, devi  seguire una strada, devi riconoscerti e darti un tono già da ora”
Anita sosteneva che lei era una ragazza d’altri tempi e sognava una piuma d’oca e dell’inchiostro come nel migliore dei romanzi ma non era possibile. Era furba. Era brava a rendere orgoglioso di lei suo padre calmando le sue passioni-ossessioni.
Tutti conoscevano l’attenzione, la meticolosità e la prudenza del Dottor Bico. Proprio tutti. La suocera quando lasciava un biglietto sul tavolo prima di uscire, i parenti quando faceva loro visita e si intratteneva all’entrata in zona telefono e porta penne,  chi sfortunatamente doveva far una costatazione amichevole in mezzo ad una strada, il dentista che rilasciava la ricevuta o l’albergatore del solito hotel al mare. Il prezzo incideva categoricamente sulla questione disciplina e temperamento. Una Mont Blanc da 2000 euro se la poteva concedere un  uomo di stile pronto a lasciare un segno, una Pilot a tratto fine poteva dare ad uno studente un livello di serietà maggiore rispetto ad una Bic blu in scatole da 50.
Era una questione di scelta, di natura, d’impronta, di attributi.
Il diario di mamma parla di lei: 5 lettere di costanza! Ogni pagina, ogni episodio, ogni personaggio è stato toccato dalla passione di mio nonno.  Non c’è storia che non riporti un aneddoto o un’uscita dai ranghi dovuta all’impeccabilità di una punta affusolata, ad un click di un bottoncino là in cima, ad una molla che nessuno vede, ad una scatola di pregio.
Una penna diviene una costante in ogni sequenza di vita, dà piattezza o rumorosità nei ricordi letti tra pagine solcate da chissà quale prescelta. Si lascia una testimonianza di noi anche in questo modo, scegliendo la nostra compagna e tracciando un cenno di noi per esasperare gli altri!!! Almeno, così han raccontato a me!
Santa donna mia nonna!


Son tornata a casa con una bella musichetta nella testa. Le parole scandite da Ongaro nel leggere un brano della scrittrice africana Nadine Gordimer mi hanno ammaliata. Lei, riesce a capire un uomo da gesti che lui prova a mascherare, lo accetta nonostante i suoi comportamenti, lo ama per come sa essere solo con lei, lo protegge forse, capisce che un essere umano può avere debolezze anche non giustificabili ma si è comunque predisposti per il difetto e va bene così. Non so se sia una donna rassegnata, ma credo sia solo forte. Un atteggiamento impensabile se lo si vuol metter in pratica ma, cavoli, la forza di quelle righe ti apre gli occhi e ti da il coraggio di ammettere che forse siamo tutti un pò uguali negli errori, nella voglia di nasconderli, nel desiderio di star bene. Consiglio a tutti "E' il tempo di decidere" tratto dal libro "Amore e altre cose".

Compito per domenica (qua si va a scuola anche nei festivi!!) ...il tempo! 
E qua direi che l'argomento mi alletta alquanto! Il tempo inteso come il classico discorso da ascensore dove si parla e non si dice nulla...oppure dove si parla di poco per dire molto? Proviamo a vederlo sotto un ottica più completa e diversa. E come dice qualcuno:  "Siamo qui ora come lo eravamo un'altra volta in cui il tempo era diverso o uguale, come lo saremo di nuovo spero, ti guardo negli occhi e riesco solo a guardare il terreno e a parlare di funghi, invece di dirti che ti amo. "

Adoro il tempo, l'ho sempre aspettato, maltrattato, odiato e venerato! Non mi piace la frase "il tempo sistema le cose" perchè questo sistemare, la mia testa, lo interpretata come qualcosa di negativo, che mi fa male. Ma il gioco del tempo è inevitabile, ci si deve passare nel limbo del non sapere dove si è. E' amore e odio. Fermarlo? Molte volte avrei voluto poterlo fare ma non avrei più visto quel che c'è dopo...e allora è giusto così.  Mi ha portato silenzi che non colmeranno mai giornate piene di frasi continue e mi ha regalato parole come sacchi vuoti, da piegare, che non serviranno più. Io che desidero la pace e il non suono più di qualsiasi altra cosa mi nutro di occhi e gesti più che di un insieme di lettere. Scrivere non fa rumore, cade qui la mia scelta. Grande tema mi attende!




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