mercoledì 14 marzo 2012

Diciassettesima Lezione 13-03-12

Lezione tosta quella di ieri sera.Tosta a livello di sensazioni. La differenza di emozioni che può scaturire nelle persone l'argomento "reminescenza" ti genera pensieri da analizzare in separata sede. Avrei tagliato la densità di quell'aria come una torta di glassa e caffè, alta 2 metri da terra. Dolce e amaro: tutto mescolato.
Come anticipato, mi sentivo adeguata al "campo" e sguazzare nel mio vero modo di scrivere mi dà voglia di non fermarmi mai.
Ho proposto il seguente racconto e direi che è arrivato :


Camera 59
di Tesini Lisa

Ero entusiasta nello scoprire se la piccola Flora assomigliasse a Stefania: era un giorno importante per tutti.
Ricordo d’aver varcato la porta dell’ascensore e di aver premuto sistematicamente il pulsante.
Svoltai l’angolo per dirigermi al reparto ma gelai all’improvviso.
Inconsciamente ero di nuovo in quel’ infermo chiamato “Malattie infettive”: probabilmente l’abitudine aveva deciso di non abbandonarmi nonostante l’imposizione di disinteressarmi a lei da circa 6 mesi.
Cercai di riprendermi dalla drammatica consuetudine chiamata HIV.
Amavo Nicola.
Fissavo la striscia orizzontale che indicava il reparto senza nessuna pretesa. Tempo fa non era stato affatto così.
E’ come nei film dove ci sono dei combattimenti: ne resterà soltanto uno. Così insegnano. Una scena si fa rivelatrice di assurde verità e ti fa scordare il lieto fine.
Alla vigilia del suo 30esimo compleanno, all’apice della vita, eccoci toccati dalla sfortuna: sieropositivo.
Rivedo un volto ancora roseo intento nel comprendere parole che non vorresti né leggere né sentire, che ti obbligano a resistere, che ti faranno lottare duramente per la sopravvivenza.
L’AIDS entrò nella nostra storia sottoforma di fantasma, intonando una musica lenta che s’impossessa dell’organismo e ti tramuta, corposa, un’antagonista di una favola che non avrà magie.
Guardavo i suoi polsi man mano che i giorni scorrevano, vedevo fiumi viola sgorgare sotto una pellicola chiara e fragile, sentivo quel virus aggravare su chi vedevo come un lottatore.
Nicola era il faro che spendeva chiarezza nonostante fossi io la parte illesa tra i due.
Dalla camera 59 mi diceva che si sentiva fiero d’esser stato baciato da una guerra e di aver legato il suo corpo ad un amore. Io guardavo un cuore tremendamente poetico e spargevo a piene mani la convinzione del coraggio tra le mura bieche.
“Salve Thomas, che ci fa qui? Tutto bene?” Era come se sentissi la mancanza della Dott.ssa Pasini.
“Si si non si preoccupi. Sono venuto a trovare un’amica al quinto piano”.
Lottavo duramente per sconfiggere un male che non perdona chi ami, percepivo la scia delle parole dei medici come una spina pronta a staccarsi togliendo la luce necessaria per vedere quel poco che ti rimane.
Notai un carrello di lenzuola bianche e anonime e ricordai il contrasto che i riccioli castani creavano col resto. Li accarezzavo e scendevano come fragili rami da quello che un tempo avrei potuto chiamare tronco. Avrei bruciato ogni cosa: lui, me e il fascino superbo della forza che sai bene terminerà con un punto, come in ogni frase che si rispetti.
Lui enfatizzava l’autodeterminazione e la voglia di farcela. Era un giornalista ed era suo compito far conoscere il più possibile a chi verrà dopo. Spendeva il tempo prima scrivendo poi dettandomi le grida di un conquistatore immediato che s’impossessa del ricco e del povero, di ogni classe sociale, del giorno e della notte.
Non mi stancavo di vivere le giornate fissando un palazzo dall’altezza di una sedia a rotelle, nemmeno gli occhi mi bruciavano dai neon, non avevo quasi più nulla e stavo fuggendo incastonato nel suo pallore. Attendevo i rintocchi del tempo: il killer più spietato.
Voleva 3 libri sul comodino, un fiore rosso e un foglietto che custodivo nella mia agenda: una poesia scritta da lui dopo una notte abbracciati tra le lacrime.
Sognavo l’inespressa voglia di rivederlo. Da quel giovedì non parlai mai più di lui: il mio volere con parenti e amici fu rispettato per darmi la possibilità di reagire nella maniera che più mi apparteneva. Feci 2 passi arrivando alla 53, poi alla 57. Da lì a poco avrei rivangato nel mio imminente passato rischiando di attaccare, seppur in un modo differente da Nicola, il mio sistema immunitario.
Fui salvato dalla chiamata di Riccardo: “Hei dove sei? Stefania non vede l’ora di presentarti la piccolina!”
“Arrivo subito! Dille di non scappare!”.
Accelerai il passo e la coda dell’occhio non fece caso a tutto il resto. Il mio olfatto sentì profumo di fiori rossi, sorrisi e mi provocai un sospiro che sensibilizzasse quel che restava in sospeso tra ricordi e realtà.
Flora stava aspettando di conoscere un amico coraggioso.

Molte parole si sono spese poi per trattare diversi punti della scrittura, grandi esempi alla Oscar Wilde. La mia vena romantica e ribelle mi ha sempre portato a lui. Cinismo e amore mi appartengono quando mi siedo ad un tavolo e il suo essere "reale" nel mio modo di interpretare la vita, bhè, mi impone di non dimenticarmi delle sue frasi più o meno storiche. 
Mi è pure ritornata la tanto discussa nostalgia della mancanza di tempo. Porcavacca, qua si parla di autori che perdevano mezza giornata per decidere dove mettere una virgola, gente che si alienava per essere davvero padroni della propria passione, individui che amavano a tal punto la scrittura da rinunciare a quello che poteva essere il quotidiano di quegli anni. Pazzesco! Ero imbambolata, sognavo e mi chiedevo se in una vita, tra 1000 secoli, io potrò attingere da questa meraviglia. Sempre. Ogni istante. Senza pentirmene mai.
Non sento l'infinità spesso e volentieri ma, per 2 ore, è stata talmente palpabile!!!!...non ci volevo credere!

Oggi vi bacio
Lisa

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