Vabbè io parlo di Russia e gemelli! Prima volta che mi sento un pò sovietica!!
Anomalia rara.
La decisione di Vladimir fu dettata dalla povertà: lo costrinse ad abbandonare i suoi 2 figli ancora in fasce.
Abram e Ivan furono trovati alle porte dell’orfanotrofio. Il primo venne adottato dopo pochi mesi da una ricca donna di Mosca, il secondo da una famiglia contadina nella Siberia orientale sulle sponde del lago di Bajkal.
Abram, all’età di 22 anni rimbalzò su un fatto superficialmente interessante: una foto. Nel solito cassetto della madre, tra le perle adagiate con cura, scovò una stampa ingiallita spuntare dal foglio di velluto rosso. L’aristocratica si rese conto che quel gesto fortuito non si sarebbe potuto accantonare facilmente. In qualche parte del mondo viveva parallelamente l’altra metà del “figlio”, il tassello mancante, chi avrebbe potuto dar vita all’emblema della coppia eccessiva pronta a rappresentare la sintesi di un’unica entità. Il giovane avrebbe avuto la possibilità di comprendere se stesso osservando il suo corredo genetico.
Improvvisamente s’infatuò di qualcuno che mai aveva incontrato. Decise di rincorrere un’esperienza che l’avrebbe cambiato e di concretizzare un semplice, quanto prepotente, desiderio. Si diresse verso ovest. Scoprì tramite la suora dell’istituto che Ivan (bel nome, pensò) era ben distante dalla Piazza Rossa a lui tanto conosciuta. Partì e raggiunse la pace nella purezza di un lago analfabeta esattamente come quell’emotività sbocciata per creare la sua vera storia, ora, apparentemente incompleta. Stava capitando una scena importante, un momento chiave della sua esistenza, di quelli plausibili solo nei romanzi.
Una porta collaborò in modo incisivo ad un soffio al cuore che li coinvolse in una sinapsi emozionale mai provata prima.
Nell’istante in cui si strinsero la mano si sentirono uniti come se mai nessuno li avesse allontanati davvero.
Ivan allungò le braccia e toccò lo stesso viso che ogni mattina sciacquava davanti allo specchio, accarezzò i capelli castani e le fossette al centro delle guance, scivolò sulle spalle finchè le dita non si fermarono sul lato sinistro dell’addome: “Anche tu hai problemi al cuore?” disse l’allievo del pescatore migliore del villaggio “Si, sono continuamente sotto controllo dai migliori medici”.
Nacque una preoccupazione ma l’avrebbero gestita assieme.
Gli scalini di legno scricchiolante permisero loro di stilare una lista di desideri da esaudire.
Fumavano la stessa marca di sigarette, erano claustrofobici, amavano il blu e i calzini a righe. Sorrisero di quest’ultima fatalità e alzandosi il pantalone che copriva lo scarponcino arrossirono. Si trovavano in un museo di ricamo della mente. Piccoli frammenti di interessi li affascinavano anche sul piano mentale. Erano stuzzicati dal poter appartenere ad un’unica impronta digitale, dal terminare uno le frasi dell’altro, dall’amare le ragazze bionde. Erano abili modaioli, portavano occhiali con lenti squadrate, erano educati e tenevano un quadrifoglio nel taccuino: non se ne trovano poi molti in giro!
Abram estrasse la foto e in un ingombrante silenzio iniziarono a soffrire pian piano. Si possedevano ma percepivano una nuova mancanza
“Nunukid Pulana” disse Ivan. Abram non fece una piega e ribattè con straordinaria fluidità: “Poto Cabenga”. Increduli si incastrarono in una una crescita armonica nascosta nella pedagogia dei loro limiti. Entrambi avevano creato un linguaggio segreto, una serie di termini occulti, un idioma utilizzato nella paura, quand’erano porosi al quel mondo adulto pronto a spaventarli.
Partirono per chiudere un cerchio a metà e si diressero con il treno a Sud. Suor Irina diede loro qualche informazione in merito alla madre, poche parole in realtà ma un quaderno divenne la ricerca della voglia di sapere. Una sorta di diario che concludeva ogni breve frase con una V.puntata. Le rotaie scorrevano e quell’unico “io” sentiva la necessità di costringersi a misurarsi con il passato per giungere alla costruzione di un futuro. Il vapore nero sporcava il cielo e la consapevolezza di una prospettiva efficace purificava un’ingordigia. Lungo la strada di quei smezzati pensieri scovarono un indirizzo di un sarto. Cercarono per il paese la bottega finchè non trovarono l’insegna nascosta da ragnatele e rami secchi dall’inverno. Bussarono ed entrarono. Inaspettatamente, entrambi bloccarono le gambe in una morsa stretta, abbracciarono i loro timori e iniziarono a raccontarsi quel sogno che abitualmente facevano ad occhi aperti. Immaginavano un banco di lavoro, forbici e ditali, gessi e manichini, sentivano il profumo della lana e il picchiettare del pedale della macchina da cucire. Mai e poi mai avevano trovato una spiegazione ad una visione senza spazio né tempo. Mai fino a quell’istante Una stanza disabitata. Spostarono la polvere disegnando le loro impronte ovunque. Aprirono uno scatolone e fu come cedere e riapparire ai fattori randomici voluti dal fato. Non c’erano altro che calzini nuovi o da rammendare. Figli di artisti. Annuirono.
L’irrequietezza e l’insoddisfazione non apparente di Abram lo condussero, probabilmente, a raggiungere, attraverso un gioiello, una meta mai prefissata ma inconsciamente sognata.
Riconoscere la forza di un percorso divenne la traiettoria intuita per crescere.
Piedi penzolanti dal bancone delle stoffe e il riscatto ad una nuova trasformazione.
Sul tavolo, tra le 4 mani, una cornice con un ritratto di famiglia. Il fianco di una donna bionda, 2 bimbi identici e un uomo di garbo che porge loro un quadrifoglio. Un’anomalia rara e ritrovata.
Settimana prossima ...attenzioneattenzione....si scriverà di SACRIFICIO! DEVO CAPIRE CHE RAZZA DI ANIMALE SACRIFICARE IN ONORE DEGLI DEI!!! ci sarebbe l'agnello a breve...!!!
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