Ed ora tocca a lei, la Francesca D'Atri che mi ha scombussolato il ritorno in macchina e la nottata. Sigaretta, musica e kili di nostalgia.
Penso a chi avrei voluto con me al Reading, a quelli che lo sanno che io tengo a poche cose come tengo alla mia passione, a quelli che chissà se ci sarà un'altra occasione per condividere un'emozione così, a quelli che fisicamente non ci sono ma li senti. Inevitabilmente mi vengono in mente alcune facce più o meno sorridenti ma ce n'è una che non rieco a non guardare senza versare una lacrima. A te che ci dovevi essere nel giorno del mio matrimonio, a te che ci dovevi essere all'arrivo di un bimbo, a te che quando mi sento uguale ad un rifiuto abbandonato per strada mi avresti cancellato l'odore orribile per trasformarmi in una rosa dai petali forti e grandi, a te che non ce la faccio nemmeno a nominarti perchè mi rendi debole, a te che dannazione al destino mi lasci in questo mondo spesse volte di merda che non capisce che la semplicità è la base di tutto perchè è così che mi dicevi, a te che saresti stata dietro di me quella sera e mi avresti abbracciata con un sorriso e ci saremo commosse perchè una piccola donna un giorno cresce, a te che cazzocazzocazzo non ti posso toccare e devo essere quel che la gente si aspetta: un sorrso e sempre dritta in piedi.
Ho spostato l'attenzione del compito richiesto per ieri sera dai sentimenti buttandomi sull'ironia..per te, perchè cara nonna, sarebbe stato un pò tosto dire alla gente chi siamo io e te e come dice la Francy "Loro non sanno". Non si può spiegare un brivido. Trovo questo racconto intimo, di un intimo che non puoi fare a meno di scrivere, di un'intensità che ti avvolge e ti fa sentire umana. Complimenti all'autrice e amica, donna di polso e cuore. Chi ci ama c'è nonostante le fatiche per accettare un cambiamento chiamato assenza. Godetevelo.
Loro non sanno
Loro non sanno, non è colpa loro,
neanche io sapevo e ora sono seduto qui ad ammirarti perché oggi mi è stato
fatto un regalo. Quello di vederti, di leggere sul tuo viso i solchi delle
righe che hai scritto, di ascoltare il suono delle tue parole e posso
finalmente ammirarti nel tuo splendore di donna.
Come mi sono familiari i tuoi
gesti, gli sguardi e le parole, come mi riconosco in ciò che pensi e che dici.
La tua energia è infettiva come un tempo fu la mia, sei un fiume in piena
controllato dagli argini della mente, che trasborda non appena l’onda del
sentimento incontra uno scoglio. E la tua passione per ciò che ami, per la
giustizia e per la libertà si allargano autografando cerchi concentrici che si
espandono nell’aria. Quante volte ti ho ingannata ma ci sei riuscita,
nonostante me, nonostante tutto. Riesci sempre a partorire te stessa e non
posso che esserne fiero.
Tu sei nata per onorare la vita
nel buio e nella luce e adesso lo sai finalmente, lo sento.
Loro non sanno come è bello il
riflesso delle luci sui tuoi capelli e non possono immaginare cosa significhi
esserci e non esserci. Pensano che potranno esserci l’anno prossimo ma non
sanno che potranno non esserci nemmeno domani.
Mi sorridi guardando un punto vuoto
mentre ascolti, mentre ti riconosci in frasi scritte da qualcun altro e come
corrono i tuoi pensieri nella sala, lucciole veloci.
E io da qui, seduto sul palco, le
catturo tutte perché quando succedono certe cose nulla più ti è sconosciuto del
sentire umano.
Vorrei raccontarti tante cose ma
non posso, perché oggi sono solo uno spettatore del tuo spettacolo e niente mi
è dato di rivelarti ma solo riconoscerti e amarti e trovarmi nei tuoi occhi e
tra le tue mani.
Loro non sanno che per nulla al
mondo mi sarei perso la brillantezza dei tuoi sguardi, la ribellione del nostro
sangue e il riconoscimento del tuo talento. Loro non sanno, purtroppo, e vivono
come fantasmi nel presente perdendo occasioni che non si dovrebbero perdere,
perché sono questi i ricordi di noi che restano.
Ascolto la lettura del tuo
racconto e riconosco la tua ironia che colora il dolore. Quanto ne ho provocato
io e quanto ancora soffrirai ma nemmeno io sapevo. Non sappiamo mai il male che
facciamo perché se lo sapessimo non lo faremmo. Com’è ormai semplice oggi per
me. Com’è già semplice oggi per te che
mi hai perdonato. Sai, questo dolore causato agli altri è come quando metti il
sale nel caffè, ne conosci il sapore aspro solo quando lo hai bevuto ma la
differenza è che non puoi più sputarlo, ti rimane dentro come il bruciore di
una fiamma che non si vomita.
Ma io oggi sono qui, posso esserci e tu mi guardi e mi riguardi
ancora sul bordo del palco vuoto del mio corpo, immersa tra i tuoi
sentimenti e nella forza che ti innalza
superiore a me. Sei una composizione di violini e tamburi, di timpani e
batterie, di piatti e arpe che fanno vibrare il pavimento. Sei in me e io in te,
ti riconosco e mi riconosci e so quanto stai pensando di assomigliarmi.
Mi hai pensato così tanto in
questi mesi che non è stato difficile raggiungerti e in questo teatro non posso
neppure piangere ma se potessi lo farei
senza vergogna, come in un giorno che fu in cui non mi hai mai visto. Posso però
fluire col tuo pensare come una zattera che da un lago passa al mare e scorre
in un torrente in piena. Le cascate del tuo mondo interiore sono musica che dà
vita e luce a ciò che per me non può più essere ma mi regalano la tua fragranza
in cui non ci sono isole dove approdare, né porti sicuri in cui attraccare.
Adesso mi stai fissando senza
vedermi e io ti ascolto. Scrivi, leggi, combatti ancora per me, per te, per
sempre, te ne prego, perchè loro non lo sanno.
Tuo padre
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