L'ambiguità.
Sembra facile messa giù così.
Una semplicissima parola che non dovrebbe creare timori e invece, proprio perchè mi appartiene così tanto, mi regala un nodo stretto alla gola.
Adoro questo termine perchè in poesia non si fa altro, è come star senza pane. Chi dedica versi, chi tramuta concetti in metafore regala visioni a chi legge, interpretabili, ambigue appunto.
Non so da dove iniziare. Odio i blocchi ma è chiaro che le imposizioni sono necessarie per non rimanere al solito posto, per cui....spero che un viaggio in treno mi porti consiglio...ho segnato belle frasi là dentro, tra una posizione scomoda di un regionale e un tavolino senza vibrazioni di un freccia. Andiamo!
giovedì 29 novembre 2012
mercoledì 28 novembre 2012
3 sono le cose...
Non c'è nulla da dire.
Quante volte capitano situazioni simili.
Succede perchè si è indifesi davanti all altro, perchè non c'è interesse davanti all altro, perchè l'altro accende un meccanismo del tipo "se parlo poi mi irriterà la tua risposta e per non sprecare minuti preziosi di vita...taccio".
Il fatto è che c'è una sorta di scala dove trovi 100 in positivo, 0 in negativo, 50 che strattona una rabbia che non vale la pena. E lo sai.
La prima categoria è la più dolce, dove sei chi sei davvero, dove sprigioni imbarazzo e timidezza che nonostante tutto ti rendono speciale, credo si riesca pure a mandare una specie di influsso che chi hai davanti percepisce. Ti vuole bene per quello. Zero paure.
La seconda categoria è l'indifferenza, senti rumori che sarebbero parole ben scandite in verità, ma c'è una confusione tale di tuoi pensieri come la spesa o cosa mettersi domani sera che probabilmente da fuori non sbatti nemmeno le palpebre. Immobile. Fai bella figura, pari posata. Bella lì.
La terza categoria è la peggiore. Logorroica, lesionista e altri termini di distruzione simili. Spaccare la faccia, è quel che ti viene da fare ma l'etica porta altrove e allora subisci passivamente perchè ti tocca, tipo un mio amico direbbe "tutti bravi ad esser gay con il culo degli altri". Il discorso calza a pennello. Ciò mi turba. Dovrei iscrivermi ad uno di quei sport dove prendi a cazzotti il sacco...
Scrittura Creativa Numero 4
Il protagonista si trasforma in qualcosa di surreale. Da leggere veloce.
CHI PRESTA IL PROPRIO
UOMO FARA’ UNA BRUTTA FINE.
Ho 2 occhi, un naso, una bocca,
orecchie pari, 2 braccia, un busto, 2 gambe: mi chiamo Pietro.
Stavo con Marina finché non è
arrivata Barbara che gli fa: “ Devo far ingelosire Matteo, mi presti Pietro?” “Ok”
dice l’altra” Ma si chiama Pietrotornaindietro”.
Vado nel locale vestito bene.
Adocchiamo Matteo, Marina mi si avvicina e inizia a parlarmi fitta-fitta,
abbiamo le cose belle in comune, come la musica dei Queen. “Ti presto l’ultimo
cd se vuoi ma si chiama Pietrotornaindietro”. Inizia a girarmi la testa, rotolo
su me stesso vorticosamente, sono nero ma non sporco. Stefania, la sorella, vuol
simulare “I want to break free”con tanto di aspirapolvere. Corro, veloce come
la luce, schiacciato dentro ad un filo dove si sta stretti, spingo le pareti e
succede un danno. Le spazzole si fermano, sono cerchi di setola rigide: pensavo
d’esser più morbido. Arriva Gianniriparatutto e sento che dice “Credo non si
possano aggiustare, prendi questa scopa elettrica intanto ma si chiama
Pietrotornaindietro”. Sono in TV, maneggiato da una biondina niente male che mi
presenta ad una telecamera, sono dimagrito, infatti piaccio alla regista. “Lo
sponsorizziamo nel mio programma perciò lo devo provare”. “Si, ma si chiama
Pietrotornaindietro, domani siamo di nuovo in onda.” Dice, la prima, chiaramente
ingelosita. In macchina ad un certo punto siamo fermi al semaforo, il
finestrino è abbassato e si affaccia prepotentemente un signore per porgere dei
fiori ma sembra che il dono non sia gradito e mi sento volare. Sono un
violento. Colpi secchi e precisi. Ho sempre creduto nelle mie potenzialità. Mi
raccoglie un tizio vecchio che puzza, mi stacca un pezzo e mi fa rovistare tra
lo schifo. Vedo il fiume sotto al ponte, penso ad un bel bagno, accidentalmente
cado, l’acqua mi porta via e sento una voce sola e piangente che grida: “Si
chiama Pietrotornaindieeeeetrooooo”. Nuoto. Nuoto con le pinne. Fa dannatamente
caldo. Manca l’aria qui dentro. Nel tragitto devo essermi frantumato perché
sono incastrato tra denti e budella. E’ così che si sentono le donne?
Esteticamente sono grande e bianca, talmente affascinante che mi dedicheranno
un libro. “Te lo presto perché in quarta elementare lo leggerai sicuramente, ma
si chiama Pietrotornaindietro!”.
Tra un succo ed una schiacciatina
mi sento sfregare, osservare…Avrei sempre voluto attenzioni simili.
“Melissa vai a buttare la
spazzatura!”
C’è una mela, le scatole di
tonno, i vetri che mi tirano il pelo grigio. Esce un po’ di sangue. “Ehi
Giuliano tieni questo e tamponati ma si chiama Pietrotornaindietro.” “Certo
Fido!”.
Sono una persona colta, per
forza, guarisco chi si fa male. C’è la sirena, il camice, la flebo e del gesso
fatto a braccio con la scritta a pennarello “Stavo cercando il mio uomo e sono
inciampata, si chiamava Pietrotornaindietro”. Mi mastica dal vassoio della
mensa: sono insipido ma, qui dentro, rappresento una certezza. Fluido, incontro
un muscolo rosso pulsante e scivolo non curandomene.
Donna in bagno senza forze,
sudaticcia. Lo dice il giornale.
“Praticanti, prestate attenzione,
oggi è stato scoperto il virus della diarrea. Su Wikipedia il nome scientifico sarà Pietrotornaindietro.
Inziate a scrivere…”
martedì 27 novembre 2012
lunedì 26 novembre 2012
mercoledì 21 novembre 2012
Scrittura Creativa Numero 3
-Quanto più vicino alla fine-
-Disgrazie al protagonista-
-Disgrazie al protagonista-
ORLANDO decisamente “FURIOSA”
Orlando lo si poteva definire in
un’unica e schietta maniera: cornuto! Vabbè!
D'altronde, Angelica era bella da
far impazzire perfino gli altrui desideri.
Il povero cavaliere girovagava a palazzo, spesso
sulle punte (?), dando di tanto in tanto un compiaciuto sguardo all’amata, come
fosse un premio, per accertarsi che, nonostante le confermate dicerie, lei
scegliesse sempre e solo lui. Questo si credeva.
Bloccava l’intenzione tipicamente
adolescenziale dei “nemici” lanciando occhiate simili a tirate d’orecchio. Che
ci pensassero solo a toccarla con un dito! Ma si sa, anche nella più romantica
delle storie, il rischio è alle porte. Angelica non sarebbe mai stata un figlio
maschio! La madre, già all’epoca, appoggiava sulla pancia delle graziosissime
bambole di pezza, canticchiava note dell’ancella Emma e ricamava splendidi
calzini. Era come diceva Orlando: piena di grazia, con la schiena lunga, i
capelli ben raccolti, con i polpacci da ballerina (?).
“Margherita io non ne posso più!?
Mi sta appiccicato al culo ad ogni passo, con quelle mani piccole e viscide,
con l’odore tipico della preoccupazione, sa di borotalco e poi continua con ste
canzoncine coi numeri Un, due, tre e quattr, cinq, sei… è servo del re ma,
cazzo, un po’ di brio! Gli servirebbe una scossa. Non c’è furia al di fuori del
suo nome. E’ come una farfallina nella polvere, svolazza titubante, senza
colore come quel vestito a tutù che mi ha preso per il ballo della duchessa.
Devi aiutarmi! E’ chiaro che dovrò vivere il resto della mia vita con lui, così
han deciso, ma la decenza mi pare il minimo.”
“Angy: ti stai facendo tutti i
suoi amici! Impossibile che non abbia captato alcun atto di adulterio!??
“Ma cosa vuoi che abbia intuito!
Non indaga, sta a ravanare gessetti e rimane minuscolo ed io ho finito gli
uomini decenti a disposizione.”
Il mercoledì si vestiva di
bancarelle. Tripudio di uomini forzuti intenti a scaricare pesantissime casse
di mele, buoi tesi in una compostezza solenne, ligi al lavoro: era la ballata
del testosterone! Ci si doveva andare perché c’era pure il Ballastorie che
piaceva tanto all’Orlandino! Mah…erano risapute tiritere!
Perfino il passo era uguale
questa mattina, accidenti! Lo stesso stacco di cosce tirate in pantaloni
stretti. C’è altro??!!!
“Oh dolce Angelica, donna dallo
sguardo che s’apre come velluto da palcoscenico, stamane il tuo volto è un capolavoro
da mostrare alla platea straniera.”
“Poi si chiede perché non rido mai, perché
fisso il vuoto, sono malinconica, poco affettuosa e altre cavolate simili!
Pensa io sia pragmatica, che poi non so
nemmeno che vuol dire perché è lui l’intelligente! Speriamo il cugino di Marghe
si dia una mossa”. Sussurrò dentro sé.
Immediatamente un nitrito di
cavallo, forse urla, gente spaventata, un varco aperto tra la folla.
“Che figo pazzesco” mormorò
Angelica dentro sé sentendo il cuore martellare
“Sono venuto nel nome del re del Regno
Opposto. Sono qui per sfidare Orlando”
“Aspetta dolce passo di danza che
sento cosa vuole quel buon uomo”….”Eccomi. Posso aiutarla?”
“Sei pronto a morire?”
“Guardi, ehm, ci deve essere un
serio qui pro quorum. Analizziamo la cosa: perché cerca me? Ho commesso atto
impuro? Posso sdebitarmi, qualsiasi cosa io abbia non intenzionalmente
commesso, con un buonissimo cesto di rigogliose banane o preferisce le faccia
una difficile verticale? Ecco tenga. Le è piaciuta?”
“Moriraaaaaaiiii”. Scese dal
destriero ringalluzzito come lui, lanciò una spada ed uno scudo allo smarrito
Orlando e iniziò a duellare SCIAK, TAC, OOOOOHHHHH! (la folla!!).
Il poveretto cadde come se avesse
le gambe di plastilina mentre la complice, giunta giusto in tempo, tranquillizzava
Angelica “Sì comunque mio cugino è un attore pazzesco, lo chiamano spesso per
film tipo “Il Gladiatorium” e robe simili, ci sa fare ma è finzione.”
“E’ quel che serve amica mia, una
mossa, del fermento” disse morsicando una pagnotta calda.
Erano ormai 20 minuti che i 2 si
dimenavano e chiara era l’imminente sconfitta di Orlando! Era a terra, coi
vestiti lerci e tagliuzzati. Finché stava cercando di alzarsi ,dolorante come
mai, un cagnetto alzò la gamba per il bisogno quotidiano, il malcapitato si
dimenò imprecando e la padrona gli getto un secchio di melmosi torsoli di caco.
“Basta, basta, basta. Io mi
arrendo! Cosa volete per lasciarmi in pace?”disse grondante di arancio.
“La tua dea Angelica! ” disse
strizzando l’occhiolino alla donzella.
“Ok! Prendetela. Mi sono
stancato, accipicchia!! ”replicò (finalmente )furioso.
La sinuosa bionda sobbalzò in una
bolla di sgomento e agitandosi disse”Stai scherzando vero???Dov’è tutto il tuo
proclamato apprezzamento nei mie confronti, dove lasci tutte le smancerie
sentire e risentite, dov’è la tua voglia di saltarmi addosso e strapparmi la
vestaglia?? MA SEI UOMO O CHECCA???”
Orlando, arrossì. Spiego davanti
a centinaia di occhi desiderosi di sapere che lui era carino, premuroso e tutto
il resto perché gli toccava! I genitori avevano deciso di renderlo cavaliere
errante(a lui il titolo ispirava) e uomo accompagnato ma aveva un solo
desiderio : pettinarsi almeno come Carla Fracci. Nemmeno gli stessi capelli gli
aveva dato il Dio. Dannate calvizie precoci.
Angelica ebbe 3 figli d’arte dal
cugino di Margherita, quest’ultima accompagnò Osvaldo (per sdebitarsi della farsa) agli studi di “Amici de Marius
de Filippus ” e, disorientati da cotanta nascosta bravura, i giudici lo
scritturarono immediatamente come insegnante di danza a corte. Si unì all’uomo
delle casse di mele.
Quando un combattimento fa uscire
chi sei davvero. Orlando non fu mai più Furioso ma...”tremendo”!
“Alla sbarra ragazze!!!” Un, due,
tre, quattr, cinq, sei! Velociiii! Mi
fate uscire pazzaaa!”
Mi fruga in testa questa dannatissima storia che nel corso si sta affrontando da 2 settimane, è un martello, va contro ai miei principi: il morente che acquisisce importanza proprio in quel frangente.
Ma vaffanculo!
Sembro una pazza che rema contro. Perchè sostenere che una persona "diventa improvvisamente" la migliore del mondo in punto di morte? Perchè è questo sotto sotto che si vuol far credere. Non accetto il fatto che la gente sia molle, che si lasci trasportare da un presunto dato di fatto. Muore un cantante, nessuno era come lui, muore un attore, ah si non esisterà mai nessuno così. Pochi esempi quotidiani da applicare a parenti e conoscenti. Ma che diavolo di storia è questa? Comodità! Pura e bella comodità! La voglia di non mettersi in gioco nemmeno con chi ci circonda, troppe code di paglia, troppa paura nell'affrontare anche la minima conoscenza verso il prossimo, non si indaga, non si vuole sapere, tutti indifferenti in quel melmoso individualismo che, in tale forma, diventa negatività pura. Credere che qualcuno sia stato un Dio un giorno prima che ci lasci è da stupidi, la mente inizia un gioco malefico che consiste nel dire a se stessì che Io conoscevo davvero ics e dirò all'universo com'era, cosa mi ha lasciato, darò in pasto alle bocche da sfamare, aperte come quelle di piccoli uccellini, dicerie misere, piccole parti di un essere vivente che è stato 100 ma ne ho conosciuto 10! Non ci posso stare in una atrocità simile. Come quelli che il giorno che tirerò le gambe io diranno di conoscermi e non sapevano nemmeno qual'è il mio piatto preferito. Io sono qui adesso ma spesso nessuno lo vede, io sono qui perchè mi ci hanno messo, perchè è giusto che io abbia uno spazio, una forma un linguaggio da ascolare ma, ma ma ma qui sorge la tristezza...chi si presta ad ascoltare, immedesimarsi, imparare o contrariarsi? Il mio intuito non fallisce e in questa cerchia c'è davvero poca gente. Non mi frega di compiacere, dico solo che in un continuo susseguirsi di masse che corrono senza fermarsi io non mi ci vedo e sembro "la sbagliata". Ma il tempo cos'è? Cos'è l'esser ripagati di un attimo di vera gioia, cos'è il guardare negli occhi chi prova affetto per te e viceversa, cos'è il sentimento qualunque esso sia???
Preferisco prendermi di quella dalla mente vagante ma se c'è da fermarsi perchè ne vale la pena per me è ok. Mi trovate là. Io sto bene lì. Verrà il giorno che qualcuno si chiederà se mi piaceva la pizza col crudo o se ho mai pensato che "Y" fosse stronzo/a.
martedì 20 novembre 2012
«Perché non ti trovi un lavoro decente?»
«Non ci sono lavori decenti. Se uno scrittore non riesce a campare creando, vuol dire che è morto»
«Oh, smettila, Carl! Al mondo ci sono miliardi di persone che non campano creando. Vuol dire che sono morte?»
«Sì»
OPPURE
Nei primi quattro mesi di quest'anno ho scritto duecentocinquanta poesie. Sento ancora la follia scorrermi dentro, ma ancora non ho scritto le parole che avrei voluto, la tigre mi è rimasta sulla schiena. Morirò con addosso quella figlia di puttana, ma almeno le avrò dato battaglia. E se fra voi c'è qualcuno che si sente abbastanza matto da voler diventare scrittore, gli consiglio va' avanti, sputa in un occhio al sole, schiaccia quei tasti, è la migliore pazzia che possa esserci, i secoli chiedono aiuto, la specie aspira spasmodicamente alla luce, e all'azzardo, e alle risate. Regalateglieli. Ci sono abbastanza parole per noi tutti. (da La mia pazzia, p. 93)
CHI PARLA è' Bukowski che si sa che è uno che più moderno non c'è, per linguaggio e per visione di vita terraaterra. Oggi leggo qualcosa di lui perchè mi scorre nelle vene quella voglia assurda di non mollare mai perchè c'è la gente che me lo ricorda e perchè fondamentalmente, c'è anche un fatto da dire: io in me ci credo! Che non si narri, in futuro, che non sono stata tosta! Io non mollo cascasse il mondo.
Ci sono un mucchio di progetti inerenti alla scrittura in cui mi lancio, non sapendo nemmeno perchè a volte ma forse la presunzione prende in mano la timidezza e mi fa usare una faccia che generalmente non è la mia! Chissenfrega! La forza però viene anche da chi mi fa scoprire spunti sempre nuovi, mi impedisce di lasciarmi andare alle cazzate che ti rendono fermo innanzi alla vita. Ma la bellezza della novità, del sapere, della curiosità...non è come un tramonto?? come un panino con la mortadella quando hai una fame assurda? come il cane che ti salta addosso alla sera? MERAVIGLIOSO. Osservare è la mia vita, scrivere pure. Mi faccio da me, guardando e non toccando..semplicemente elaborando. Prendo di qua e mescolo di là, ce l'ho con tutti e amo chiunque. Ieri sera guardavo come di rito sulla rai e il poliziotto a fine scena dice una frase di sto tipo "Io sono uno che vede il bene nelle persone, non posso essere altrimenti". Mi son fermata e mi son guardata di riflesso nella tv e ho sorriso. Mi accomuna a lui quel dire, non vado in pattuglia alla sera ma siamo simili. Mi piace il bello, passo sempre dal cattivo per imparare, ma ribadisco che mi piace il bello. Scrivere è il mio bello. Prendere o lasciare.
lunedì 19 novembre 2012
venerdì 16 novembre 2012
mercoledì 14 novembre 2012
Scrittura Creativa Numero 2
VOLEVA IMPARARE
ANCORA.
La dottoressa aprì l’agenda
carica di appuntamenti e si sentì immediatamente piantonata in un’immagine
gonfia di sé, come se la presenza umana le ricordasse solamente affanni e indifferenza. Si doveva sbrigare, chiudere
lo studio e andare. Sarebbe stato divertente appendere alla porta un fazzoletto
bianco in segno di libertà!
Per molti anni trascorse le
vacanze estive in campagna.
Adesso?! Perché proprio questo ricordo così
disponibile e pacifico? Era indispensabile far ritorno in un luogo che la
rendeva serenamente pronta alle felicità folgoranti che tutti, inconsciamente,
si portano dietro. La prognosi parla
chiaro: sindrome da Mulino Bianco con miti e mistificazioni necessarie.
Un mozzicone col rossetto era
agli antipodi di una realtà non basata sui vizi da mostrare. ..
“Torna al momento in cui
l’istinto ti obbliga a seguirlo, ad ascoltare l’eco, a riprovare il gusto dello
yogurt grasso in un vasetto di vetro spesso.”
Ubaldo è il solito tuttofare, una
figura “che ti aspetti”. Poche regole da rispettare eseguite con rigore. Uno
che allarga le braccia, arriccia le sopraciglia e goffamente dice che “c’è
bisogno di cura e per la cura devi trovare il tempo”.
Ed ecco il risentire la terra
sfracellata al suolo, file di vigne ordinate come soldati ma capaci di
intrattenerla con quei colori, quelle chiome verdi quasi da sentire la
pericolosa tentazione di non far ritorno.
Le pannocchie, qui, le sgranano
alla sera, sul divano a scacchi marroni, con un secchio tra le gambe. C’è chi
ha grosse bottiglie di latte che sembrano bambini che saltellano sulle cosce
del nonno fino a diventare della forma del burro. Bianchi, malleabili.
Sembrano rilassarsi. Così diverso dal “candore domestico”
interrotto dal mais scoppiettante nel microonde in città: nuvole spugnose che
son state cotte nella corte, solleticate dai rastrelli, coperte di notte. Una
solenne sberla al bisogno di avvicinarsi alla semplicità più pura.
Irenio sul carro carico di letame
ci vive, probabilmente! Ancora lì. La fece guidare all’età di 15 anni, le disse
di accelerare e non sapeva davvero dove mettere il piede finché una palla di
sterco e paglia lanciata a tutta velocità si fece freccia della verità: lei
pensava fosse più grande il pedale, che diavolo ne sapeva!
Umiliata in maniera differente:
lì era insegnamento.
Le sembrava di attendere un pasto
caldo, testa china al pavimento,
trascinando il passo, sentendo l’odore nuovo, abbandonando l’abitudine
sorrideva in una facciata mite. Dentro
costruiva tasselli di tempo perduto, l’unico che avrebbe voluto
interfacciare con i suoi giorni, la leggerezza dell’umiltà, l’attesa per quel
che si ama. Smarrita senza obblighi scanditi dalla carta e missioni spesso
inconcludenti.
Maria e Irma se la ridevano
sbattendo i mestoli di legno sulle pareti di rame di una pentola vecchia più di
loro, mescolavano faticosamente una lava gialla e al momento giusto riempivano
le panare sul tavolo. Sembravano tante riproduzioni del sole, fumanti e
perfette. Sarebbe stato bello imparare: così fece!
Apprese la notizia che dalle
zucche si ricavano le spugne, che la lavanda va messa in pezzi di collant per
profumare i cassetti, che si possono
sciogliere gli scarti di sapone in bagnomaria per formarne altro, che il cucù
va caricato ogni mattina, che il pane nel latte è davvero buono, che i bigodini
li si può mettere alla sera prima di andare a letto per non rubare spazio al
giorno, che la tasca del grembiule nasconde sempre qualcosa, che sapere usare
la macchina da cucire è per vere donne, che il bracciale di rame sistema gli
acciacchi, che l’aceto fa miracoli.
Gli ingredienti in gioco sono
l’atmosfera, le bici, la superstizione, il sostegno dato da una foto, i fichi
nelle cassette, i granellini dei melograni,
la pasta che mangia la farina, le parole urlate alle 6 del mattino.
“Ti cammino dietro anche se sei
arrugginito, sento le fatiche ma la letizia allontana anche gli uccelli dal
piumaggio sbagliato, vendi consigli, paghi un uomo con l’argento brillante di
carati, hai la fede come unica libertà.”
Lasciò questo foglietto sulla
stalla appuntandolo con un chiodo storto. Era per chiunque passasse da lì. Un
grazie, un arrivederci, come l’ultima volta.
“Dottoressa Zeffera finalmente è
tornata!”
“Sono stata a mescolare un paio di
mondi: una ricetta gustosa CHE NON LE DICO!!!!
Bhè, Giovanna, dica 33…”.
martedì 13 novembre 2012
Non so esattamente in base a quale criterio oggi si dica che è LA GIORNATA DELLA GENTILEZZA ma vorrei spendere 2 parole a riguardo.
Dico che ne servirebbe di più, io ne sento l'esigenza per esempio.
C'è chi si stupisce se uno fa un gesto carino e mi pare un forte campanello d'allarme. Quel che sta diventando una rarità renderebbe le cose più semplici e civili.
Non mi vergogno nell'essere come sono, esattamente così mi vado bene. Prendo le porte in faccia, mi sento dire che perdo tempo, che non serve fare se non si è ripagati ma morirò con la forte convinzione di essere dalla parte giusta perchè esser gentili regala quella sensazione che, chi non lo è, non avrà mai la fortuna di sentire battere dentro al cuore.
Basterebbe provare.
sabato 10 novembre 2012
Quello che non sei -Buon vecchi Nesli-
È la forza della musica quella che mi sorprende
Quella che dal mondo e dalla vita mi difende
Prende tutto quello che ho tutta l'anima
Tutto il tempo che ho passato chiuso in camera
Continuo a credere anche se intorno è cenere
Continuo nella ricerca della mia venere
Prendere o lasciare tutto in questo posto
Guardo nello specchio un volto che non riconosco
Ed ho scoperto qualcosa che non sapevo
Che non ha importanza qualunque sia l'arrivo
Conta solamente che io mi senta vivo
Che restino affianco le persone che ho vicino
Scrivo il mio declino la mia resurrezione
Guardo i miei pensieri perché hanno un volto e un nome
I miei giorni hanno un sapore che non dimentico
Amo ciò che faccio e il modo in cui lo faccio autentico
Ritornello: ora che lo sai quello che non sei
Grida al mondo intero che per te è tutto ok
Che per te va bene qualunque cosa accada
Resti della stessa idea nella stessa strada
Ora ciò che ho intorno sembra non avere
Quel significato che gli davo quel valore
Che mi fa vedere le cose come sono
Riconosco me il mio nome il mio suono.
Fumo la mia disperazione è la via
Più giusta per la follia più giusta per andar via di qui
Ogni tanto almeno per un momento
Mento se dico che mi sento di questo tempo
Sono dentro ogni suono ed il suo movimento
Conto su di me su di che sul talento
Ora sono pronto per dire quello che penso
Senza balle senza inganno senza doppio senso
Alimento di sogni una fiamma infinita
Prendo esempio da ogni esperienza della vita
Che fatica andare d'accordo con il resto
Resto quello che sono drogato ma onesto
Presto bisogna sempre fare troppo presto
Esco di casa e che importa come son messo
Faccio due passi per star lontano da me stesso
Lo so lo so che tanto poi non ci riesco.
Fumo la mia disperazione è la via
Più giusta per la follia più giusta per andar via di qui
Ogni tanto almeno per un momento
Mento se dico che mi sento di questo tempo
Sono dentro ogni suono ed il suo movimento
Conto su di me su di che sul talento
Conto su di me su di che sul talento, sul talento!
Fai una scritta sul muro che ti rappresenti
Fai vedere a tutti quali sono i tuoi miglioramenti
Oggi come noi tanti come noi ma quanti
Vanno avanti senza avere poi ripensamenti
Sono un soldato dei sentimenti e dei momenti magici
Se anche tu il futuro proprio non lo immagini
Lasciati andare, prova a guardare le immagini
Lasciati andare, prova a guardare le immagini.
Quella che dal mondo e dalla vita mi difende
Prende tutto quello che ho tutta l'anima
Tutto il tempo che ho passato chiuso in camera
Continuo a credere anche se intorno è cenere
Continuo nella ricerca della mia venere
Prendere o lasciare tutto in questo posto
Guardo nello specchio un volto che non riconosco
Ed ho scoperto qualcosa che non sapevo
Che non ha importanza qualunque sia l'arrivo
Conta solamente che io mi senta vivo
Che restino affianco le persone che ho vicino
Scrivo il mio declino la mia resurrezione
Guardo i miei pensieri perché hanno un volto e un nome
I miei giorni hanno un sapore che non dimentico
Amo ciò che faccio e il modo in cui lo faccio autentico
Ritornello: ora che lo sai quello che non sei
Grida al mondo intero che per te è tutto ok
Che per te va bene qualunque cosa accada
Resti della stessa idea nella stessa strada
Ora ciò che ho intorno sembra non avere
Quel significato che gli davo quel valore
Che mi fa vedere le cose come sono
Riconosco me il mio nome il mio suono.
Fumo la mia disperazione è la via
Più giusta per la follia più giusta per andar via di qui
Ogni tanto almeno per un momento
Mento se dico che mi sento di questo tempo
Sono dentro ogni suono ed il suo movimento
Conto su di me su di che sul talento
Ora sono pronto per dire quello che penso
Senza balle senza inganno senza doppio senso
Alimento di sogni una fiamma infinita
Prendo esempio da ogni esperienza della vita
Che fatica andare d'accordo con il resto
Resto quello che sono drogato ma onesto
Presto bisogna sempre fare troppo presto
Esco di casa e che importa come son messo
Faccio due passi per star lontano da me stesso
Lo so lo so che tanto poi non ci riesco.
Fumo la mia disperazione è la via
Più giusta per la follia più giusta per andar via di qui
Ogni tanto almeno per un momento
Mento se dico che mi sento di questo tempo
Sono dentro ogni suono ed il suo movimento
Conto su di me su di che sul talento
Conto su di me su di che sul talento, sul talento!
Fai una scritta sul muro che ti rappresenti
Fai vedere a tutti quali sono i tuoi miglioramenti
Oggi come noi tanti come noi ma quanti
Vanno avanti senza avere poi ripensamenti
Sono un soldato dei sentimenti e dei momenti magici
Se anche tu il futuro proprio non lo immagini
Lasciati andare, prova a guardare le immagini
Lasciati andare, prova a guardare le immagini.
giovedì 8 novembre 2012
Scrittura Creativa Numero 1
La lezione è iniziata con quel che non volevo sentirmi dire:
uno scrittore non può obbligarsi a scrivere nei ritagli di una vita troppo frenitica, per scrivere serve tempo, spazio, rintracciare se stessi in silenzi. Il fatto economico sta alle costole e per questo una soluzione potrebbe essere un amante ricco, ricchissimo che mantenga chi vuole garantirsi una passione, Questa passione.
L'idea è ironica ma un fondo di verità c'è eccome. Sono pensieri dei tempi della prima guerra mondiale ma credo siano attuabili pure adesso. Su di me corrisponde. Le sensazioni della gente non cambiano.
Ti dice poi che non è importante sfondare, per chi scrive col cuore è abbastanza scrivere.
Spesso mi trovo occhi che non capiscono. Io odio quegli sguardi persi.
Colmi i vuoti, sei in pace anche quando vorresti spaccare la faccia a chi non ti va.
Mi ha lasciato l'amaro in bocca questa lettura, non perchè fosse una novità ma perchè sentirsi dire le cose come stanno da altri ti fa sentire parte di un gruppo che esiste, aimè esiste...e non dovrebbe.
Ora devo decidere se sono uno scrittore marinaio...che racconta di viaggi o uno scrittore contadino che col passaparola tramanda esperienze.
Carichissimaaaaaaaaaaaaaaaaa!
mercoledì 7 novembre 2012
«Hai con te il libro che stavi leggendo al caffè e che sei impaziente di continuare, per poterlo poi passare a lei, per comunicare ancora con lei attraverso il canale scavato dalle parole altrui, che proprio in quanto pronunciate da una voce estranea, dalla voce di quel silenzioso nessuno fatto d’inchiostro e di spaziature tipografiche, possono diventare vostre, un linguaggio, un codice tra voi, un mezzo per scambiarvi segnali e riconoscervi».
Italo Calvino - Se una notte d’inverno un viaggiatore (1979)
Italo Calvino - Se una notte d’inverno un viaggiatore (1979)
lunedì 5 novembre 2012
Quadro
Dipingo un disegno senza immaginarne il risultato
mi siedo
lo osservo
e ci vedo te.
Autentica figura che traccia un desiderio
il mio.
Mi assorbi
mi dissolvo.
Non so se "credere" sia artistico
sarebbe, certo, l'illusione della vita di un inventore.
Chi crea decora
vola sui valori
vaga sui barattoli
pieni
vuoti,
percorre una strada
una tela
un pensiero.
Ti ammiro in tutto ciò che sei.
mi siedo
lo osservo
e ci vedo te.
Autentica figura che traccia un desiderio
il mio.
Mi assorbi
mi dissolvo.
Non so se "credere" sia artistico
sarebbe, certo, l'illusione della vita di un inventore.
Chi crea decora
vola sui valori
vaga sui barattoli
pieni
vuoti,
percorre una strada
una tela
un pensiero.
Ti ammiro in tutto ciò che sei.
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