" Ti aspetto sul letto, ho le gambe
che penzolano, un calzino su ed uno giù, in mutande: ti piacerei anche un po’ scialbo.
Con la barba, senza, avrei comunque diritto alla tua mano. Mangio quel che
trovo sul tavolino dell’hotel, quei vizzietti sul piattino che ti concedi finché
la palestra è lontana. Ti aspetto bevendo a canna del vino che non so che gusto
ha in realtà. Dovresti vivere con me, anche se scappo in una stanza anonima per
liberarmi dalle pesantezze che non mi mollano. Ci avran trombato in 200 qui. Si
volevano oppure era noia. Ho la testa piena. Ti scriverei una poesia guardandoti
dormire. Magari la scrivo ugualmente. Ho l’immagine di te negli occhi e non è
mai sbiadita. Ti vedo ma, no, non sei tu quella fatta di carne che osservo
camminare sul marciapiede. Appanno il vetro della finestra, sono qua, in piedi
adesso, nessuno mi vede, ne sono certo. Dovrei dormire, usare poco la fantasia,
sistemare decentemente il bagno, esser meno pigro, guardare che faccia ho allo
specchio. Sono un bel uomo, delle dita dolci sulla schiena, un brivido, è quel che ci
vorrebbe.
Mi baceresti. Sento che lo stai
pensando. Ovunque tu sia. Sotto la pioggia, distesa all’ombra di un albero, strattonata
dagli eccessi, disarmata dalle passioni. Ti amo troppo per non costringermi a
tenerti. Ricordo il momento, il pensiero, l’entusiasmo, la paura, tutto. E’
proprio questo che fa di te la mia donna: l’audacia, il sogno e la vergogna con
cui rappresenti la mia esistenza. "
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