giovedì 7 marzo 2013

L'uomo che parla.


" Ti aspetto sul letto, ho le gambe che penzolano, un calzino su ed uno giù, in mutande: ti piacerei anche un po’ scialbo. Con la barba, senza, avrei comunque diritto alla tua mano. Mangio quel che trovo sul tavolino dell’hotel, quei vizzietti sul piattino che ti concedi finché la palestra è lontana. Ti aspetto bevendo a canna del vino che non so che gusto ha in realtà. Dovresti vivere con me, anche se scappo in una stanza anonima per liberarmi dalle pesantezze che non mi mollano. Ci avran trombato in 200 qui. Si volevano oppure era noia. Ho la testa piena. Ti scriverei una poesia guardandoti dormire. Magari la scrivo ugualmente. Ho l’immagine di te negli occhi e non è mai sbiadita. Ti vedo ma, no, non sei tu quella fatta di carne che osservo camminare sul marciapiede. Appanno il vetro della finestra, sono qua, in piedi adesso, nessuno mi vede, ne sono certo. Dovrei dormire, usare poco la fantasia, sistemare decentemente il bagno, esser meno pigro, guardare che faccia ho allo specchio. Sono un bel uomo, delle dita dolci sulla schiena, un brivido, è quel che ci vorrebbe.
Mi baceresti. Sento che lo stai pensando. Ovunque tu sia. Sotto la pioggia, distesa all’ombra di un albero, strattonata dagli eccessi, disarmata dalle passioni. Ti amo troppo per non costringermi a tenerti. Ricordo il momento, il pensiero, l’entusiasmo, la paura, tutto. E’ proprio questo che fa di te la mia donna: l’audacia, il sogno e la vergogna con cui rappresenti la mia esistenza. "

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