Se mi guardassi come una Venere
capiresti il valore nel regalarti ogni mio palpabile pensiero.
Sconsolata e trascinante nell aspetto
attendo che mi annienti.
Tu non fiatare.
Io sento l'odore.
Negli sconfinati inverni mi accontento di parole di gocce
e sono annoiata e grigia.
Precaria in un lavoro che non è altro che vita.
Se ci sei o non ci sei è colpa mia e tua.
Anche Venere ha paura nonostante l'oro e la bellezza.
Un vestito non fa la differenza,
un trucco nuovo non basta.
Con la mano sento il peso del trascinare la coda lunga dello strascico,
mi volto,
diventa insopportabile,
e mi sfinisce.
Annullare una romantica rinuncia perchè arrivi primavera,
per riordinare un piccolo incantesimo,
per farlo rimanere un solo frammento.
L'eccezione alla logica è appendere l'abito al chiodo dell'altrui lontananza.
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