martedì 12 luglio 2011

Siamo ciò che pensiamo. Tutto ciò che siamo è prodotto dalla nostra mente.

Non sapevo da dove iniziare stavolta.
La mia testa ha un sovraffollamento di scene ma direbbe di andare per ordine; di raccontare del matrimonio, dell'affetto incondizionato che mi è stato regalato, di parlare del viaggio fatto..così toccante, così "da fare almeno una volta nella vita", della soddisfazione nel vedere tra le mani delle persone il mio libro..(nonchè il mio grande sogno!!)..ecc..ecc..Ma non seguirò questo iter!
Sto centrifugando una vasta serie di "meditazioni" relative a ciò che mi ronza attorno.
Sono ritornata con la carica positiva che non mi lascio sfuggire da chi ne sa' più di me e mi trovo a riflettere su quello che vedono i miei occhi rispetto a quelli di altri popoli.
A stare qua si rischia di perdere gli stimoli, di buttare forze in cose nulle, di annientare la propria (cronica) indole per dar spazio all'abusivismo del niente.
A questo punto rimarchio la mia teoria del non smettere mai di scrivere, per ricordare a me stessa che non voglio essere una figura stereotipata di questa nera società, per sbloccarmi sempre da quella discesa che prima o poi aspetta chiunque.
Puoi non spostare il corpo ma la mente va mossa.
Il mio vero scopo è vivere per quello che sono.
Assomiglio a gente che qua non trovo quasi mai.
Un fiume di voci che riconoscono una mia toccante sensibilità che io stessa, spesso, non appoggio, che snobbo, che c'è ma non considero come dovrei forse.
E' per colmare gli altri ma non abbastanza per me....e scrivo per credere di leggere le righe di qualcuno che mi ama come vorrei.
Sforno materiale grezzo..io lo vedo in questo modo il mio essere una presunta scrittrice.
Non voglio far parte di alcun rango, non voglio decompressione ma solo spinte che mi agitino il cervello.
Mi concedo di ascoltare ma non è la mia regola, non lo sarà mai.
Il combaciamento della vita col foglio accade..ma è breve, è come oltrepassare la propria esistenza e scaraventarsi tra il traffico di una metropoli sconosciuta.
Una sovreccitazione che deve esserci saltuariamente.
Il mio rifiuto alla definizione esatta "degli altri" è l'inquadratura dell'idea di me.
Mi scoccio di situazioni che non rivelo mai, trovo poca credibilità negli occhi....l'imprecisione è in agguato e non la concepisco.
Nasce questo quando "l'altra parte" non combacia perfettamente con te.
Voglio sono scene belle e pronte a farsi spazio nel cuore. Quelle botte che devastano ogni senso sono dosi di propositi da farsi per endovena.
Rielaboro senza scrupoli ogni attimo e buttarlo qui è la mia sola salvezza.
L'opinione che formulo è l'appagamento maggiore al mio benessere.
Qua sorge il regno della pace che cerco .
Mi auguro di non soffocare mai in potenziali sufficienti, di non afflosciare la mia curiosità, di non imbarcarmi in deludenti chiusure mentali.
Più intensità e meno proporzione.



(Titolo, citazione Buddha)

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